Quando San Nicandro aveva il suo "Corso del Popolo"

Ricorrendo, qualche giorno fa, l'11 maggio, il 156° anniversario dello sbarco dei "Mille" (che mille non erano) a Marsala, è ritornato a galla per un attimo, con la parvenza di un pesce che affiora a pel d'acqua per poi, spaventato, fiondarsi negli abissi, l'ormai annoso dibattito sui Savoia e su quella "operazione Unità" che, ancora oggi, messa controluce alla verità storica esibisce opacità interrotte soltanto dall'emblematico rosso di quelle poco più di settecento giubbe.

Ed è ritornato alla mente, da antiche carte, quel tempo post-unitario, tanto turbolento, che rese assai avvincenti il dibattito politico e la vita sociale e culturale anche a San Nicandro Garganico, fucina distintamente vivace di audaci slanci progressisti e democratici sin dai moti degli anni '20 dell'Ottocento, con il fiorire addirittura di sette carbonare e nuclei massonici. Fu più o meno in quel periodo che San Nicandro ebbe, come tutte le città che si rispettassero, chi per le piazze chi per le strade, la sua intitolazione toponomastica al Popolo, segno di una vocazione democratica che in Italia sarebbe arrivata solo un secolo dopo.

Me ne accorsi per caso una decina di anni fa, tanto che proposi, seppure invano, il ripristino dell'intitolazione all'assessore alla Cultura dell'epoca, prendendo spunto dalla eliminazione di “piazza del Popolo” dallo stradario varato intorno al 1999. Evidentemente, alla vecchia commissione toponomastica questo aspetto è sembrato obsoleto, oppure è semplicemente sfuggito. Invero, la vecchia “piazza del Popolo” di San Nicandro, poco coniugava la rilevanza toponomastica con la centralità topica che le spettava: più che di una piazza si tratta di una villetta, assai bella e decorosa al tempo della sua inaugurazione, ma presto divenuta, per l’incuria di chi amministra (in senso lato) e per l’inciviltà di chi è amministrato, ritrovo per tossicodipendenti e malandrini, ricettacolo di immondizie, covo di cani randagi. Dunque, pericolo più che eventuale per l’incolumità dei bambini che a volte vi si recano a giocare. Nel nuovo stradario, poi,(e così risulta ancora in questo momento su tutti gli stradari digitali, nonostante si parli di improbabili delibere con il ritorno al vecchio nome) quel luogo ha preso un nome senza dubbio grande ed immortale, “piazza Aldo Moro”, seppure il decoro che si converrebbe anche a questo grande statista, continua a non corrispondere allo stato del posto. Ma questo è altro argomento, perciò torniamo alla storia.

In molti documenti anagrafici che di qualche decennio oltrepassano l’Unità d’Italia fino al principio del secolo scorso (almeno dal 1882 al 1901), è facilmente desumibile come l’attuale “Corso Umberto I” fosse denominato “Corso del Popolo”. A quel tempo era il corso principale di San Nicandro e insieme al quartiere di via Mercato ('n chiàzza) era la zona dove si concentravano molte attività commerciali e artigianali, quasi tutti gli uffici pubblici e dove si soleva “fare lo struscio”, passeggiare. E’ lì che ci si recava per chiacchierare all’aperto, è lì che ci si andava ad “apparolare” presso il caporale o il fattore per una giornata di lavoro, è lì che ci pervengono le prime foto delle processioni e dei cortei più affollati. D’altronde, il toponimo volgare “lu chiàn’” (da cui mméz’ a lu chiàn’) nasce da lì, poiché era l’unica via centrale dalla inclinazione quasi assente e perciò menzionata sui documenti ufficiali ancor prima dell’introduzione della toponomastica, zona del Piano. Ma era anche detta dal volgo “la via dei signori”, perché vi erano (e oggi ne rimangono la maggior parte, per fortuna e non sappiamo fino a quando, sic!) le sontuose abitazioni dei nomi di spicco della società cittadina di allora, tra grandi possidenti dal don consolidato (si pensi a cognomi come Zaccagnino, Palmieri, De Pilla) e borghesi e notabili di vario grado. Eppure, costoro, con le loro influenti capacità (erano gli unici all'epoca a godere di elettorato attivo e passivo), non erano riusciti (ma forse non gli passò affatto di mente) ad evitare prima e a togliere successivamente dai propri portoni quella denominazione che immortalava una forza che, proprio in questo angolo d'Italia, mise in discussione più volte il loro status.

La denominazione "Corso del Popolo", quindi, fu introdotta con ogni probabilità nel periodo di esperienza amministrativa dei democratici-progressisti (1877-1882), durante i governi nazionali della Sinistra storica.
Tuttavia, l’occasione arrivò presto, all’indomani dell’assassinio di re Umberto I: il “Corso del Popolo”, in memoria del tragico evento e nell’enfasi da sgomento nazionale per l’assassinio, imitando il susseguirsi di intitolazioni in tutte le città italiane, cede il suo nome illustre a quel re, lo stesso che era caduto prima nell’impopolarità dopo aver mal condotto una campagna militare in Etiopia (Adua, 1896) e fu ucciso per aver fatto massacrare la folla inerme durante i moti milanesi del ’98. Ma, seppure di tali eventi le nostre genti non potevano sentire effusione alcuna, non sarà loro sfuggito che egli era il figlio di un altro re, Vittorio Emanuele II, fautore dell’Unità, che fu il primo catalizzatore di odio, da parte delle genti del Mezzogiorno, nei confronti della monarchia sabauda.

Ciononostante, San Nicandro, nel mentre si apprestava a divenire il grande vivaio di internazionalisti ed anarchici, la capitale garganica del dibattito socialista, il teatro delle più vivaci lotte contadine, aveva ceduto il nome più importante del suo corso più importante ad un re, a un monarca riverito per ossequio al potere dei signorotti che presto tornarono a reggere le sorti della città. Ma intimamente avversato, insieme alla sua casata, nella popolare mitizzazione delle gesta brigantesche.

Ancora oggi, nel 2016, dove sembra che San Nicandro si trovi sempre più a dimenticare se stessa, tanto meno vi è più una degna intitolazione al nome del Popolo, quello stesso che, nell’ordinamento costituzionale italiano, è detentore della sovranità. Ma, questo aspetto, rientra in una questione antropologica, sociale e culturale che fa della nostra cittadina un unicum tutto da studiare, in ben altre sedi. 

Menu