Nel substrato dello scherzo

Fa un certo effetto parlare - e scrivere - del nostro Carnevale, il Carnevale sannicandrese.

Il Carnevale sembra diventato il momentum per eccellenza per la nostra città. Da qualche anno la nostra comunità si è riappropriata dell’importanza della celebrazione del Carnevale, al di là di ogni impedimento, sfidando persino le rigide temperature di febbraio.

La tradizione è diventata il piacevole filtro per un momento di enfasi sociale, allegria, gioia, ma anche analisi e riflessione.

È bello vedere tanta gente sfilare, ballare, cantare. È ancor più bella la fantastica armonizzazione di età e culture che si plasmano in un fantastico crogiolo di emozioni.

Sono soprattutto i bambini su cui il nostro Carnevale poggia le sue basi e su cui deve sempre più concentrarsi, impedendo qualsiasi forma di emarginazione dalla partecipazione al sociale, cercando di prevenire quelle forme di acutizzazione che, spesso, possono sfociare nell’intolleranza, nella violenza, nell’idiosincrasia nella nostra collettività.

A noi grandi tocca educarli all’importanza della condivisione e della celebrazione delle nostre tradizioni. Lo ritengo un percorso di fondamentale importanza per i bambini di oggi - e per quelli di domani.

Ad uno spettatore "appassionato" come me, fa un certo effetto vedere migliaia di miei concittadini partecipare ad un momento di giovialità per l’intera collettività. In superficie, il messaggio della comunità - alla comunità - è chiaro e positivo. E se frughiamo nel substrato dello scherzo noteremo la rivelazione di un significato latente. Molto poco percettibile, che per la nostra comunità penso valga anche più della tradizione stessa della celebrazione, una meravigliosa enfasi che trapela tramite il velo dello scherzo...

Mi piace pensare che il nostro Carnevale abbia anche una sorta di scopo terapeutico. Per grandi e piccoli. Una sorta di terapia di gruppo che arrivi al cuore e alla mente della comunità attraverso l’arte del ridere e del divertirsi, che ci insegni a stare insieme e a riflettere sull’importanza del sociale e dell’unità...

Mi piace pensare che il tripudio di idee di questi giorni di Carnevale saremo in grado di partorirlo anche a marzo, e ad aprile, e a giugno… e durante tutto l’anno...

Mi piace pensare che quel muro di gomma che spesso creiamo, e che ci impedisce di essere tutti cittadini uguali senza distinzione di sesso, età, cultura o auto che guidiamo, cominci a cadere, e che noi tutti, membri di una comunità appassionata al proprio futuro, diventassimo capaci di uscire dal labirinto della difficoltà di socializzare...

Mi piace pensare che, ponendo il Carnevale come filtro, avviassimo un progetto di scambio delle nostre personalità, dei nostri ruoli all’interno della nostra comunità, attraverso il piacevole gioco delle maschere, ma senza camuffamenti, né mezzi termini durante il resto dell'anno...

Voglio pensare che la "collettività del Carnevale" sia la stessa che, compatta, rifletta sulle sorti della propria amata città, ponendo il Carnevale come filtro. Che la carnevalata sia solo uno dei tanti momenti di avvicendamento - e riflessione - a cui prenderemo parte d'ora in poi. Numerosi. Oltre ogni idiosincrasia...

Voglio anche pensare che la mia città stia pian piano imparando che partecipare è bello, che l’associazionismo sociale che caratterizza il nostro Carnevale rappresenterà la base essenziale e l’espressione delle attività e dell’enfasi della partecipazione. Un’armoniosa base di pluralismo che ci permetta di conseguire finalità ancor più ambiziose per la nostra collettività...

Con spirito, allegria e dedizione… per la nostra comunità.

Come vorrei che a San Nicandro fosse tutti i giorni Carnevale...

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