Fuga di cervelli

    Oltre ad essere dei grandi compositori, cantanti e musicisti, cos’hanno in comune Angelo Badalamenti, Jon Bon Jovi, Joey DeMaio, Ronnie James Dio, John Frusciante, Cindy Lauper, Madonna, Tom Morello, John Petrucci, Joe Satriani, Gwen Stefani, Frank Sinatra, Bruce Springsteen, Mark Tremonti, Steven Tyler, Steve Vai, Frank Zappa, Lady Gaga, Ariana Grande, Al Di Meola e Alicia Keys?

    Accozzaglia di generi a parte, e scuse dovute per l’elenco prolungato, hanno tutti origini italiane. Sicuramente in molti ci saranno arrivati subito alla soluzione del quesito. In verità la lista sarebbe molto più lunga, ma non volevo risultare noioso più del consentito.

    È vero, alcuni hanno discendenze dirette, per altri bisogna risalire ai nonni, ma una cosa è certa, ne siamo sempre orgogliosi. Eppure, quando si parla di “Italia”, siamo sempre i primi a criticarla, a conoscere la giusta formula per risollevarne le sorti, di come la si dovrebbe governare e come andrebbe strutturata l’istruzione.

    Istruzione. Abbiamo la cattiva abitudine di credere che la scuola sia un insieme di mattoni tirati su alla meglio e riempita di gente incompetente. Per alcuni elementi potrebbe anche essere vero, ma di quelli ne troviamo in ogni settore, purtroppo. Quando c’è da fare il punto della situazione però, bisogna guardare tutto e nel complesso. Continuando a menzionare le cattive abitudini, un buon italiano ha bisogno di fare il paragone, soprattutto con l’America. Quell’America conosciuta di rimando dai film, dove tutto è perfetto e in ordine, dove tutti hanno il prato curato con l’auto parcheggiata nel vialetto, l’armadietto a scuola, dove ogni padre chiama “campione” suo figlio. La terra che, se mai ci fosse un’invasione aliena, sarebbe la prima ad essere visitata.

    Mi dispiace sfatare un mito, ma purtroppo non è così. L’americano è megalomane, l’immagine che deve dare di sé dovrà essere impeccabile, tipo quando abbiamo degli ospiti a casa: tutto in ordine e grandi chef a tavola.

    Abbiamo tirato in ballo la musica, potremmo continuare con lo sport, col cinema, con le scienze, la letteratura, la moda, la medicina, la pittura…in ogni campo, tra presente e passato, c’è sempre l’eccellenza italiana. A volte sono nomi che neanche conosciamo, persone che non troveremo mai tra gli annali. Persone che danno il meglio, restando dietro le quinte.

    In contesti seri o seriosi, è oggetto di discussione comune la qualità di formazione nostrana e, ovviamente, la convinzione è che sia tra le peggiori. Siamo sempre orgogliosi di essere italiani, ma affetti da pessimismo cronico. Poi cominciamo ad aprire gli occhi. Osserviamo un atlante: la nostra nazione sta al resto del mondo come una seme d’anguria sta al suo frutto. Mettendo tutto in proporzione, ad esempio, danno più soddisfazione 10 medaglie d’oro su 60 milioni di abitanti, che 40 su 323 milioni, ma purtroppo quello a cui diamo solitamente attenzione è un 40 contro 10, tralasciando il resto.

    Numeri a parte, il concetto è chiaro. Adesso che – spero – la percezione di noi stessi, intesa come popolo, può cominciare a cambiare, siamo veramente così scarsi come pensiamo, o meglio, come vogliono farci credere? Il vero problema non è la formazione, la fuga di cervelli, pizza, mafia e mandolino. Il problema è la fuga dei cervelli dalle scatole craniche, intrappolati in tenaglie di luoghi comuni e affossati nel prato del vicino che è sempre più verde.

    L’erba del vicino non va solo osservata per ammirarne il suo colore, anche e soprattutto per essere spunto affinché si migliorino le cose, primo su tutto il pensiero.

    Diciamoci la verità, Bruce Springsteen sarebbe diventato Bruce Springsteen se fosse nato oggi in Italia? Non credo. Avremmo preferito il solito talent show che alimentiamo col nostro modo di pensare e agire. L’arma più importante di tutte è sempre in mano al popolo, al contrario di quanto si possa immaginare.
    Se non vuoi più un determinato programma televisivo, cambia canale. Se vuoi una città più pulita, non sporcarla. Se vuoi puntare sulle eccellenze italiane e non ti fa piacere vederle all’estero, dove le riconoscono per il loro valore, comincia ad apprezzarle quando sono ancora a casa tua. Compra il disco appena inciso dal tuo vicino di casa, il dipinto del ragazzo in fondo alla strada. Fai un applauso e complimentati quando stai ad un concerto, magari gratuitamente, anche se quei ragazzi non sono stati impeccabili. Grazie a te, un giorno, potranno esserlo.

    Nonostante la cicca sotto il banco, l’assenza di lavagna multimediale, gli armadietti nei corridoi e i laboratori super attrezzati, non siamo poi così male. Figuriamoci se li avessimo. E se hanno bisogno di un tuo connazionale altrove, in fondo, la nostra istruzione non è così scarsa e loro non sono migliori di te.

    Cambiamo i registri di pensiero, magari un giorno l’invasione aliena la faranno dalle nostre parti. Anzi, per quella è meglio di no. Non si sa mai!

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