Dopo il Coronavirus è urgente un nuovo regionalismo in Italia

 

Mai, come in questi giorni, è emersa la discrasia fra Governo centrale e Regioni italiane.

La difficile gestione della crisi sanitaria da coronavirus, ha messo in evidenza, in forse, la capacità della politica di gestire la emergenza sanitaria. Le ragioni dello Stato hanno avuto sì la prevalenza, come d'altronde era giusto che fosse, sulle singole Regioni, ma tuttavia dobbiamo aspettarci le dure conseguenze che ne seguiranno.  Abbiamo osservato un certo modo di governare in alcune Regioni di voler prendere decisioni autonome rispetto all’interesse generale del Paese.  Il Presidente della Regione Campania di voler chiudere i propri confini ai cittadini del Nord “frenetici” di riprendere il lavoro!

E la voglia di altri Presidenti di pretendere maggiore autonomia nella gestione del territorio: indipendenza economica e amministrativa, fra cui sanità, istruzione, fiscalità.

Trattative lunghe ed estenuanti con il Governo centrale dall’istituzione delle Regioni per valorizzare, in modo completo e organico, l’autonomia territoriale prevista dalla Costituzione.

Dai fatti accaduti in questi ultimi tempi emerge che il regionalismo attuale possa considerarsi retorica, visti gli effetti distorcenti che esso ha causato, e che non ha nulla a che fare con l’autonomismo, (l’unità nel pluralismo dei territori), fortemente voluto dai nostri Padri costituenti.

In queste settimane, è sotto gli occhi di tutti noi come le Regioni tendono a considerarsi antagoniste allo Stato centrale e addirittura sovrani invece che derivazioni della sovranità nazionale. L’0ssessione da regionalismo fa dimenticare che gli attuali confini delle Regioni sono, nella maggioranza dei casi, la semplificazione amministrativa delle suddivisioni territoriali scaturiti dai censimenti dopo l’unità d’Italia. Ci si deve chiedere se abbia ancora senso storico e culturale l’attuale situazione del regionalismo. Il “mio” professore di diritto costituzione, Costantino Mortati, uno dei membri della costituente, chiariva: “le Regioni devono essere unite nelle diverse loro realtà e rappresentare lo Stato - Nazione”. Altrimenti, aggiungo io, ritorneremo al concetto che aveva dell’Italia, con la sua controversa frase, il Principe di Metternich: “l’Italia è semplice espressione geografica”.

L’auspicio è di prendere in seria considerazione l’efficacia e l’equità delle gestioni pubbliche dei territori in confronto alle istituzioni europee. E’ indilazionabile il riordino dello Stato italiano su basi delle macro Regioni, prospettato per anni e indicato da molti studiosi costituzionalisti.  E’ il cambiamento sul quale si devono orientare riflessioni di carattere politico – culturale per riequilibrare il notevole “peso” della nostra storia politica e democratica nel contesto internazionale, purtroppo sminuito in questi ultimi tempi.

Michele Russi

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