Per scrivere un'altra storia

Lo Staff di sannicandro.org condanna con forza i gravi episodi criminosi che si sono ripetuti di recente in città. Di buon conto, non potevamo esimerci dal sollevare anche la nostra voce con un editoriale dedicato.

di Matteo Vocale

A San Nicandro Garganico, città sofferente tra le tante del Mezzogiorno d'Italia, la lunghezza di una lupara è sempre stata di gran lunga inferiore alla cadenza con cui, da tempo immemore, dapprima per abigeato o vendetta e quindi per alti interessi criminali, le lupare mietevano vittime. Anche nelle scorse mattine, le edicole sannicandresi piangevano la repentina scomparsa di tutte le copie dei quotidiani in circolazione. Una consuetudine, quasi un rito, quando accadono fatti di cronaca in questo angolo di mondo, dove l'arte più praticata è il chiacchiericcio a scopo pseudoinformativo.

Difficile riportare alla mente frangenti in cui gli omicidi si susseguivano di poco più di un mese. Pure ai tempi della cosiddetta 'faida', tutto aveva delle regole, dei tempi e delle modalità quasi rituali, a scandire il passo felpato e plumbeo della pericolosa 'creatura' che si aggirava in una società impoverita, non solo nei redditi di sempre più famiglie ma soprattutto nella cultura.

A leggere gli annali di cronaca degli ultimi mesi fino all'altra sera, appare evidente come la situazione sembri precipitare. Una situazione in cui la popolazione, ormai, sta cadendo in un pericoloso smarrimento, ferita nella tranquillità di quel cittadino che oggi stenta ad essere tranquillo per ben altri problemi.

A San Nicandro, forse, è arrivato il momento di chiedersi: "dove si è?" e "dove si vuole andare?". Una domanda focale, quasi sempre addebitata alle Istituzioni. Che, senz'altro, avranno le loro responsabilità antiche e nuove, a cominciare dal mutismo assordante, ad ogni suon di schioppo, dei partiti politici (tranne qualche sparuta eccezione) e di quanti dicono di detenere 'veicoli' per instradare la società cittadina. Alla stessa stregua, un sindaco, oltre che chiedere rinforzi come da sempre hanno fatto i suoi predecessori, anche in tempi peggiori, deve preoccuparsi di richiamare continuamente, a parole e con i fatti, il senso della legalità. Una parola ancora sconosciuta da queste parti, tanto che, paradossalmente, il cittadino è e rimane il maggior responsabile della situazione che si vive.

Perché in fondo, i pesci si nutrono dell'acqua in cui nuotano. E a San Nicandro, lo Stato non è certo la sola Arma dei Carabinieri, che lavora con limiti indicibili. Lo Stato è, dovunque, chiunque rappresenti, in qualche modo, uno scampolo di quella Repubblica Italiana, della quale questa città è sostanzialmente ancora ferma alla "prima edizione". Siamo in un'epoca, grazie a Dio, in cui hanno imparato a leggere tutti e l'ignoranza della legge è permessa in misura esponenzialmente minore dei tempi in cui si costruiva, ad esempio, sullo Schiapparo affermando semplicemente, con empirica convinzione, che era la "terra di nessuno".

A San Nicandro, tuttora, manca del tutto il senso delle regole. E manca in grave difetto al progresso civile mondiale. Così, non solo succede che si spara, ma si spara in pieno centro, rischiando la vita di persone al di fuori dell'obiettivo, disseminando l'assenza incondizionata di regole anche negli occhi di chi, in questa città, sta crescendo per cercare di diventare donna o uomo di un domani migliore.

Si chiama, questa, senza mezzi termini, "questione culturale". Chi è chiamato a gestire le sorti di una città, oggi come ieri e domani, non può, non deve più tralasciare di investire in Cultura, con l'unica propensione a formare un cittadino con un senso di civiltà e legalità sempre più alto. Un investimento scomodo, perché richiede anni, decenni, e non porta né voti né moneta: piuttosto la toglie.

In questo modo, un giorno, sarà possibile uscire da quel pantano che è la difficoltà di far emergere quanto di positivo è nascosto in una città che qualche natale noto l'ha dato, seppur prestato a ben altri lidi. E si potrà sperare che i giovani più eletti non vadano tutti oltre il Fortore, questo si, il grande dramma della società sannicandrese di oggi. Scriveva qualche personaggio noto, a margine del fattaccio dell'altra sera: "Eppure la storia della mia città non la scriveranno i violenti. San Nicandro non è la sommatoria di omicidi. E' la terra di Teresa e di Tommaso, di Nazario e di Elisabetta. Loro scriveranno una storia migliore di questa."

La sfida è questa. E il cittadino è il primo chiamato a sostenerla. A cominciare, ad esempio, dal gareggiare a trovare un modo, una scusa, un espediente, per portare fuori il buon nome di San Nicandro, piuttosto che perdersi in agoni tra chi ha contato più bossoli a terra.

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