La guerra è in casa nostra, la guerra è in Europa

La guerra è in casa nostra, la guerra è in Europa. Ma l’Europa è pronta a contrastare il conflitto che si sta consumando al proprio interno?

L’Ucraina, la Russia e i paesi ex sovietici che si affacciano sul Mar Nero sono visti da tutto il mondo come nazioni europee. Infatti, se interrogassimo i turisti giapponesi, asiatici, americani e australiani, visitando la Russia, direbbero di essere in Europa. Agli occhi del mondo la Russia è Europa. Lo è per la tradizione cristiana, lo è per l’architettura, lo è per l’economia. L’Europa, vista come Unione economica e politica, invece non l’ha ancora capito. O meglio, fa finta di non saperlo.

L’UE è legata a doppio filo con la Russia, non solo per l’importazione di materie prime, ma anche per i grandi traffici economici che partono da Mosca e arrivano a Berlino, Londra, Parigi, Roma, Madrid e viceversa. Tra l’altro, lo sport, che è sempre un passo avanti alla politica, dà la possibilità alle squadre ex sovietiche di partecipare ai campionati europei.

Fatta questa prefazione, la domanda sorge spontanea: Qual è il ruolo dell’Europa in questo conflitto? L’UE può restare solo a guardare senza intervenire, di fatto mettendo la testa sotto la sabbia e lasciando il cerino in mano all’Ucraina?

E’ quantomeno strano che L’Europa, che se unita è la nazione più ricca al mondo, non riesca a metter su un esercito (di difesa, sia ben chiaro) e debba elemosinare l’aiuto militare dalla Nato e quindi dall’America.

Insomma troviamo un Europa politica - che è lo stato più ricco del mondo - a dipendere totalmente da un lato dalla Russia (per le materie prime, gas e idrocarburi) e dall’alto dall’America (per la difesa bellica). È normale che in questo contesto il peso politico e diplomatico del vecchio continente sia abbastanza labile. Se nelle considerazioni, inoltre, ci mettiamo il fatto che ogni Stato sovrano d’Europa stia utilizzando la propria diplomazia interna, si evince facilmente che la posizione dell’Europa politica resta sempre più marginale.

Senza voler tirare in ballo il ruolo della NATO, l’unica via d’uscita da questa situazione è che l’Europa politica prenda in mano la situazione.

Le sanzioni economiche sono una strada percorribile. Purtroppo, però, la via intrapresa rischia di danneggiare più i cittadini europei che quelli russi. Altro discorso è invece per la scelta di agire sui conti bancari degli oligarchi che vivono in Europa, quella è un percorso che può essere vincente, per far pressione su Putin.

Da tutta questa faccenda, infine, capiamo una cosa fondamentale: l’Europa-nazione ha bisogno di un governo centrale, un esercito internazionale e una politica unitaria e non frammentata. Putin non ha interesse a sovvertire lo status quo, ma vuole solo spaventare gli avversari. Una carneficina in Ucraina, danneggerebbe solo l’immagine interna dell’ultimo Zar di Russia. Il problema fondamentale è, invece, che se domani altre nazioni volessero invadere l’Europa, allo stato dei fatti potrebbero invadere il vecchio continente con la stessa facilità di un coltello che entra nel burro.

La diplomazia Europea, in questo frangente ha l’obbligo di dialogare con la Russia e scendere a compromessi, aspettando tempi migliori e avendo la lungimiranza di capire che la Russia, senza i Putin di turno, è Europa.

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