La tradizione dei fuochi votivi a San Nicandro

Nella storia della civiltà socio-economica sannicandrese, per lo più contadina, in autonomia oppure alle dipendenze di ricchi possidenti e anche lontano da casa, dalla metà di gennaio e fino ai primi di febbraio, c’ era un periodo di pausa dal lavoro nei campi, come accade ancora oggi, per le condizioni meteo non favorevoli durante la fredda stagione invernale. 

Ciò coincideva con alcune ricorrenze religiose, cioè la commemorazione, il giorno 17, del santo abate Antonio, patrono dei macellai e degli animali domestici (come cani, gatti, asini e altri) che, per tradizione, vengono  portati  in chiesa per farli benedire; lo stesso avveniva il giorno 20,  in onore  del martire san Sebastiano;  il 31, in onore del frate san Ciro e, infine, il 3 febbraio, nel ricordo del vescovo e santo Biagio, invocato per  guarire dalle malattie alla gola. Per  onorare il tutto, si è creata l’abitudine, conservata ancora oggi, di accendere dei fuochi nelle strade e nelle piazze, creando nel contempo un’occasione di festa in famiglia, di divertimento collettivo, fra balli, canti, suoni, per scaldarsi e arrostire all’istante  carne, salsiccia, ceci, bere del vino e mascherarsi alla buona, improvvisando racconti e storie piacevoli per i presenti. 

Infatti, il 17 gennaio ha sempre rappresentato anche l’inizio dei festeggiamenti anticipati in onore del Carnevale, che di solito ricorre nel mese seguente, accompagnandolo coi proverbi "A sant’Antòn, masckure e sone” e “A sant’Antòne llonga n’ora”, poiché in questo periodo - dal punto di vista meteorologico – solitamente si registra l’aumento di un’ora di luce solare durante il giorno. 

Nella nostra cittadina queste tradizioni - per fortuna -non si sono ancora del tutto  spente; grazie all’intraprendenza di alcune parrocchie ed associazioni,  il rito dei fuochi e del divertimento collettivo- se non piove-  si rinnova, anno per anno, a ricordo del passato, da non dimenticare, anzi, da far conoscere alle nuove generazioni affinché possano contribuire a renderlo duraturo nel tempo. Con determina dirigenziale n. 135 del 17/09/2020 della Regione Puglia è stata approvata l’iscrizione nel registro regionale dei rituali festivi legati al fuoco della manifestazione "Fuochi di Sant’Antonio Abate” promossa dal Comune di San Nicandro Garganico

 

*Nella cultura tradizionale, da sempre, il fuoco segna i momenti della fine della brutta stagione e delle fredde ed umide giornate invernali, un po’ ovunque. 

Da un lato il fuoco rappresenta la distruzione di tutto ciò che angoscia la comunità (la fame, la malattia, la morte) ed è per questo che sui roghi spesso bruciano fantocci e streghe di paglia o l’effigie della Morte; dall’altra si presenta come rigeneratore per eccellenza, essendo considerato promotore della crescita dei raccolti, e del benessere dell’uomo e delle bestie, stornando i pericoli e le calamità che li minacciano. Nel tempo, per fare un esempio, il rito del fuoco di San Giuseppe, che coincide con la fine dell’inverno e l’inizio della primavera, rappresenta una delle testimonianze del passaggio nella religiosità popolare di elementi pagani che, poco a poco, sono stati assorbiti e rimodellati  in funzione del culto cristiano. Nella tradizione popolare, infatti, il fuoco costituisce un’offerta al Santo che patì il freddo nella grotta di Betlemme e che bruciò il suo mantello e andò di casa in casa alla ricerca di  un pò di brace per riscaldare il Bambino Gesù e la Madonna. Nel Gargano (da Mattinata a Cagnano Varano), sui Monti Dauni (a Casalvecchio di Puglia), a Bovino, già qualche giorno prima della ricorrenza, è diffusa l’abitudine di raccogliere legna e frasche - rivenienti dalla potatura degli alberi di ulivo - per rinnovare questo rito, accompagnandolo con la degustazione di carne alla brace e del buon vino.

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