Il poeta Nguyen Chi Trung il 19 Aprile a San Nicandro

La mattina incontrerà i ragazzi delle superiori, il pomeriggio la cittadinanza

L'IISS De Rogatis Fioritto, in occasione del mese  dedicato alla Poesia, ha invitato Il 19 e il 20  Nguyen Chi Trung. Gli studenti dell'Istituto  di San Nicandro incontreranno il poeta vietnamita il 19 aprile alle ore 10.20 in aula Magna, a conclusione di un percorso iniziato con libriamoci nel mese di Ottobre. Gli studenti di Cagnano Varano incontreranno il poeta il 20 Aprile alle ore 10.30.

Si ringrazia il Dirigente Scolastico, Francesco Donataccio, dell'IISS “De Rogatis Fioritto”  per aver permesso la materializzazione di un sogno, sostenendo col cuore la realizzazione dell'incontro con il poeta Nguyen Chi Trung. Si ringraziano i docenti dell'IISS "De Rogatis Fioritto", tutte le Istituzioni Scolastiche e Politiche della Città di San Nicandro Garganico e Cagnano Varano per la valorizzazione della bellezza della poesia nel nostro territorio.

Nguyen Chi Trung è nato in un villaggio sulla costa del Vietnam del Sud, è cresciuto a Saigon. Nel 1967 si reca in Germania per studiare filosofia, matematica e meccanica applicata. Ha lavorato come ingegnere fino al 1996. Nel 2013 è uscita una raccolta dei suoi testi poetici a Saigon in sette volumi. Nel 2014 ha pubblicato in Italia Venti. È considerato il più grande poeta vivente. Scrive l’Elegia al Futuro Poeta (1)  il 27 febbraio del 1990, pubblicata ad Hanoi nel libro “Poetry”- Outer Chapter” nel 1997.

Il 24 ottobre 1994 scrive l’Elegia al Futuro Poeta (2), pubblicata a Saigon nel libro 5 di “Seven Words” dal titolo “Moss”, pubblicato  nel 2013. 

Nell’estate del 1996 scrive l’Elegia al Futuro Poeta (3), pubblicato nel libro 7 in “ Seven Words”, dal titolo “Void".

La poesia di Nguyen Chi Trung sale come fiume alluvionale, da un abisso profondo, impensabile, insondabile. Le tre “Elegie al Futuro Poeta” sono state scritte in vietnamita, custodiscono il cuore dell'Oriente e dell'Occidente. Posseggono in se stesse una musicalità straripante che tocca le corde dell’anima. Per la nostra terra è un vero sogno materializzato dare alla luce questi versi, corpi viventi, che fluiscono nel cielo, nel “fiume rima” della poesia. 

L'uomo di fronte al nulla offre la sua esistenza dilaniata, porta il dolore con le mani tese al cielo, suona l’arpa nella costellazione del niente. Guarda l’origine e chiude i suoi occhi, anche se il suo essere uomo non vuole passare oltre. È una dimensione visionaria della realtà,  che custodisce nel suo grembo la prefigurazione della morte.  La vita si spoglia e si fa essenza. 

Il suo pensiero viene scolpito in parole e figure poetiche semplici. L’arte è tale quando si fa parola, senza cadere nelle speculazioni filosofiche. La poesia possiede di per sé il suo segreto, le parole si fanno corpi viventi. Confucio disse : “sappiamo dall’uccello che vola, dal pesce  che nuota”.

Il poeta vietnamita Bui Giang ha aggiunto: “ma quale poesia è, non lo sappiamo”. Lo stesso poeta è solo una parte della poesia, l’altra parte è il lettore. È un cuore frantumato, gonfio di dolore con la speranza fra i fiori del male. La miseria è un mistero, ma da quel nihil si entra nell'amore, nei versi della vita. La terra resta povera, la gente sparge foglie d'oro in un vento di tristezza. In questi versi c’è il culto orientale dei defunti e lo scacco della morte della filosofia di Heidegger. Sono versi che incidono la solitudine con uno scalpello quasi invisibile. L'Ordine del Mezzogiorno, proclamato fin  dall'inizio dell'amore, è la strada maestra della realtà che evapora in rugiada di tristezza. Vivere è l’essenza, non è più tempo di tremare per il potere dell'assoluto.

In questo secolo senza centro il poeta vaga nei sogni, la vita non è possesso e "non siamo intagliati nel bambù". In quale dimensione troverà esilio l’uomo? Le domande si fanno  grido taciuto, silenzioso, doloroso nel petto. In quelle domande c'è un fiore intatto, inatteso di bellezza, il sorriso della benedizione, della gioia. Il mormorio, il caos  s'infrangono nel quotidiano e la distanza  si fa forse "noli me tangere".

Sorge una dimensione che si fa domanda, nostalgia, riverbero di luce, con la speranza silente che oltre la siepe ci sia l'aurora, l'infinito caro a Leopardi. La  voce si fa vento che entra nel cuore e nella mente quando l'elettronica "tuonante"  ci circuisce e ci attrae come un buco nero. Il cuore e le ossa fanno male e, "mentre si fa l'amore", la vita prende le distanze da se stessa.

Le poesie "sono un bacio alla vulva dei sogni le mandai", dove i sogni non bastano alla vita. Attraversare il niente, il nulla, l'esistenza frantumata, il nichilismo, il non senso fra "foglie di patata" dove la poesia non trova più dimora nella sua rosa alla fonte.

"La cricca che scrive poesie" è legata alla gloria, è un secolo dove l'anima non  riverbera il corpo. Non è il tempo della vita e  della “roccia illuminata", i sogni sembrano cadere come foglie, nel silenzio. La voce di Chi Trung si fa alta, forte, limpida, luce sovrana, consapevole che la Casa dell'essere non è tutto. Sottovoce ci invita a non cedere mai, con la forza che solo la poesia può dare. Invita a tagliare il fardello di anni di dolore, ad entrare nel nuovo secolo con lo sguardo che bacia la vita, lo sguardo che si fa carne nella poesia. 

Il giardino del tradimento ci tollera fin dall'inizio. Il grido si fa lamento tenue ed essenziale in questo secolo di "arroganza". Tutto passa, la temporaneità della vita diventa forza nella sua lingua poetica.  In questo secolo di viandanti e di raminghi il poeta esorta a non essere malinconici, la bellezza non viene scalfita dalla "lemna". Esorta a tagliare con la lama dell'oblio la fedeltà ai vecchi giardini delle credenze, dove la propria dimora si perde ai confini dell'esistenza.

L'uomo contemporaneo si perde nel vuoto del nulla, ma in quel nulla c’è la rinascita. La prefigurazione della morte ci darà la forza di salire dalla melma, dal sudiciume attraverso le parole essenziali della poesia. Il poeta, con un tocco sull’arpa dell’amore, invita a dimenticare i suoi versi di dolore, scritti per entrare nella vita.  È una poesia che rompe gli schemi, la nostalgia si fa carne, il nulla si fa mistero.  Si tocca con la mente, lo spirito e l'anima un senso dell’infinito forte con l'arco teso nell’eternità.

 

Filomena Ciavarella

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