Giunta al cimitero la salma di Matteo Pertosa

Sarà tumulato oggi nel 'freddo' protocollo dell'emergenza

E' arrivata nella serata di ieri al cimitero di San Nicandro Garganico la salma di Matteo Pertosa, il 54enne deceduto nel pomeriggio del 25 marzo dopo circa venti giorni di ricovero a Casa Sollievo della Sofferenza, a seguito di un aggravamento dei sintomi causati, come presto si scoprì dal tampone faringeo, dalla contrazione del Covid-19.

Pertosa era stato ricoverato a San Giovanni Rotondo la sera del 4 marzo, dopo un aggravamento delle sue condizioni respiratorie. Dal pronto soccorso era stato poi trasferito in rianimazione dove aveva trascorso molti giorni prima di una timida e graduale ripresa che lasciava ben sperare. Aveva ripreso a respirare autonomamente, dopo la dimissione dalla rianimazione - stando a quanto si era appreso nei giorni scorsi - notizia che, nel pur cauto ottimismo, aveva acceso una vivida speranza tra i parenti e i tanti amici e conoscenti. Ieri pomeriggio, invece, la notizia caduta sulla comunità sannicandrese come un fulmine, che non ha dato nemmeno il tempo di sapere che la situazione era precipitata nuovamente nelle ore precedenti.

Una scomparsa che da ieri sta lasciando una scia di mortificazione e dolore in paese, dove Pertosa insegnava come docente di sostegno al liceo De Rogatis - Fioritto. Una famiglia di professionisti molto nota a San Nicandro quella di Matteo, che da ieri viene ricordato da decine di amici e colleghi che stentano a credere a quanto accaduto. La sua battaglia persa appare come l'occlusione di una speranza nutrita da un'intera comunità cittadina, nella oggettiva constatazione che il Coronavirus non colpisce solo gli anziani e può portare via chiunque, in un esito degli eventi del tutto imprevisto, fuori dalla logica finanche di ogni pronostico suffragato dal più stabile ottimismo clinico.

Poco più di una settimana fa lo aveva preceduto suo padre Raffaele, 90enne con patologie pregresse e perciò annoverato dal protocollo tra le vittime "con" Coronavirus, anche lui persona distinta e conosciuto per essere stato per decenni un funzionario pubblico, uomo di quella classe dirigente locale nata dall'ultimo Dopoguerra, forse l'ultima degna di tale nome che la città ricordi. Oltre all'anziana madre Lucia, Matteo lascia le sorelle Marilina e Anna. Ma soprattutto sua moglie Francesca, anche lei conosciuta per essere figlia di un noto magistrato in pensione, con la quale aveva un legame di lunga data e forte come pochi.

Quello di oggi è perciò un cordoglio 'muto', che affida il dolore ai 'freddi' post di facebook o agli sms, ai telegrammi recapitati a giorni alterni o, dove possibile, alla distanza di una telefonata che può divenire più straziante di un abbraccio di conforto.

Ieri sera il parroco della Chiesa Madre don Roberto De Meo, che era anche suo collega al liceo, aveva appreso la triste notizia mentre si stava preparando per la messa dell'Annunciazione (trasmessa in streaming come ogni sera) e lo ha ricordato durante il canone. Sarà ancora don Roberto, da solo con pochissimi familiari, a benedirne il feretro prima della sepoltura, raccomandando a Dio una persona che, come le migliaia morte in Italia e nel mondo in questi giorni bui, potrà avere diritto ad una cerimonia funebre solo quando - e si spera presto - tutto questo sarà finito.

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