Elezioni regionali, l'analisi: cosa è accaduto a San Nicandro

Fallucchi e i consensi che non bastano. L'intelligente mossa di FI, il PD fermo e il M5S in caduta

Diradati l'adrenalina e il fumo degli argomenti della campagna elettorale, a quattro giorni dal responso venuto fuori dalle urne delle elezioni regionali in Puglia, è tempo di analisi e di bilanci, che partiti e liste si apprestano a fare proprio in queste ore, a maggior ragione che il responso delle regionali ha sempre rappresentato un pre-posizionamento per le successive elezioni comunali.

La città di San Nicandro Garganico, dove fuori da ogni pronostico hanno votato 6.423 persone (40%), quasi mille più del 2015 (5.484 - 33%), ha dato un segnale in controtendenza rispetto al dato provinciale e regionale, affermandosi come uno dei 26 comuni della Capitanata in cui il centrodestra ha avuto la meglio sulla schiera di liste del centrosinistra. Con  3.174 voti, Raffaele Fitto conquista i sannicandresi ma si tiene, nella sostanza, aggrappato alle liste che lo sostengono: in tutta la regione il candidato salentino, già presidente dal 2000 al 2005, tira molto meno delle liste ma a San Nicandro ottiene solo 48 voti in meno dei partiti che lo sostenevano. E' di 1.086 voti il distacco su Michele Emiliano, che corrispondono all'incirca alla crescita del centrodestra rispetto al 2015 (quando si presentò diviso in due, tra Schittulli e Poli Bortone).

Ma sono anche voti che hanno lo stesso peso di quelli racimolati da Anna Maria Fallucchi (1.047): la "figlia d'arte" che puntava a catalizzare su di se il fattore "campanile" puntando più di tutto sulla sua città natale e sul leitmotiv "votiamo la paesana", di fatto non ha sfondato come dai pronostici, sorpassando di poco le mille preferenze nonostante l'evidentissimo dispendio di risorse umane ed economiche messo in piedi attorno alla sua persona. Va meglio per lei nel resto della Capitanata, dove arriva a 6.188 preferenze (inclusi i voti sannicandresi) che la incoronano con la magra consolazione di donna più votata nel centrodestra pugliese: altri 812 voti le avrebbero garantito di giocarsela al posto dell'apricenese Paolo Dell'Erba, sostenuto, tra i principali, dall'ex assessore ed ex leghista Antonio Berardi e dall'ex sindaco e deputato Nicandro Marinacci.

Una guerra dei "voti secchi" quella che ha visto praticamente contrapposti all'interno della stessa lista "La Puglia Domani", Fallucchi e Dell'Erba, nonostante poi siano venuti fuori molti voti in accoppiata per non scontentare nessuno. L'apricenese ottiene a San Nicandro un buon risultato e, in caso di elezione certa (salvo il ricorso in atto per l'attribuzione del premio di maggioranza, che se accolto, lo vedrebbe fuori dal consiglio regionale), dovrà dar conto (e che conto!) a due supporters che non le mandano a dire.

Ma torniamo al "fenomeno" Fallucchi. Che non tira più di tanto ma dimostra di spostare un migliaio di consensi, che sono consensi personali o, al massimo, di famiglia, di un elettorato maggiormente di centrodestra ma che pesca a mani piene anche nel centrosinistra, insidiando con l'elemento "paesano" più di tutti il PD (i voti disgiunti con Emiliano sono stati circa una cinquantina). L'imprenditrice ha già annunciato, nei ringraziamenti, di non voler "disperdere questo enorme bagaglio di esperienze, conoscenze e relazioni" e che "il viaggio continua". Di ieri, invece, il verbo di Marinacci su facebook, che ringraziando gli elettori, tira in calce una sviolinata che dà poco spazio ad interpretazioni: riferendosi ai non eletti, "superino la delusione e qualche rancorino e capiscano che sul territorio si va sempre, la gente va salutata e invitata ai pranzi sempre e non solo in campagna elettorale", consiglia; e aggiunge: "ieri è passato, il domani è già oggi e oggi, forse, è il tempo del dialogo per costruire un futuro insieme". Che Marinacci pensi ad un'alleanza con Fallucchi per la prossima tornata delle amministrative? I più vicini all'ex sindaco non hanno dubbi: "impossibile". Ma, si sa, in politica nulla è impossibile. Certo, il patrimonio elettorale acquisito dalla Fallucchi non basta e potrebbe aspirare ad un ruolo centrale, alle prossime comunali, solo con il centrodestra unito. Cosa, al momento, tutt'altro che probabile.

All'interno del centrodestra ma non solo la vera sorpresa è in Forza Italia. La dirigenza locale ha dimostrato di saper fare politica, ottenendo una candidatura locale (sebbene ad augendum di Giandiego Gatta) non solo per insidiare gli altri (oltre ai probabili voti sottratti alla Fallucchi, si pensi che circa il 10% dei voti di Di Salvia era disgiunto con Emiliano) ma per fare gruppo e blindarla evidentemente con fini identitari: Lorena Di Salvia ha ottenuto 389 preferenze sannicandresi (poco meno della metà di quelle ottenute in tutta la provincia) contro ogni pronostico (era data ad almeno un centinaio di voti in meno) ma, soprattutto, ha dimostrato con il gruppo storico di FI di valere molto più del sindaco Costantino Ciavarella e degli ex UDC, che racimolano 255 voti per Napoleone Cera (non eletto), circa un centinaio più del 2015. Resta da capire alla luce di questa esperienza se i due gruppi, sindaco in testa, si fonderanno definitivamente in FI, determinando di conseguenza una nuova geografia del consiglio e dell'amministrazione comunale: rumors vorrebbero il primo cittadino pronto ad indossare la sua vecchia bandiera del 2006 e la Di Salvia e il neo-ingresso Fabrizio Tancredi già proiettati in maggioranza. Certo è che nel partito locale di Berlusconi la leadership sembra avere ormai un nome e cognome.

La Lega raddoppia i voti del 2015 e si tiene un centinaio di voti sotto rispetto alle comunali: pesa l'assenza di Berardi e il risultato dell'eletto foggiano Joseph Splendido (117) dà la misura dell'attuale dirigenza, che fa capo al coordinatore Pinuccio Criscuoli e al consigliere comunale Costantino Valentino Sassano. Da tener presente che circa il 10% dei voti di Splendido era disgiunto con Emiliano, come pure una decina delle 48 preferenze a Luigi Miranda, sostenuto a quanto pare dal consigliere comunale Pierpaolo Mascione.

In crescita rispetto al 2015 (quando però ancora non si affacciava il fenomeno Meloni) ma in caduta libera rispetto alle comunali Fratelli d'Italia. Il nuovo gruppo guidato da Roberto Augello, con al seguito un assessore (Nico Vigilante) e due consiglieri comunali (Leonardo Stefania e Anna Laura Frattollino), oltre ad alcuni giovanissimi e al sostegno di frange cattoliche, si attesta a 466 voti di lista, dei quali solo poco più della metà è anche preferenza a Giannicola De Leonardis (una ventina i disgiunti con Emiliano), sostenuto da tutto il gruppo. Un risultato discreto, che non entusiasma e che, dicono i soliti rumors, potrebbe toccare qualche nervo scoperto all'interno dei meloniani sannicandresi.

Ridimensionato, come ovunque, il M5S, che ottiene oltre 150 voti in meno del 2015 e più di 250 meno delle comunali del 2018: la deputata Maria Luisa Faro e il gruppo di sostenitori ottengono solo 92 preferenze per Rosa Barone. Il grosso del risultato sono ancora voti di lista, pochissimi dei quali (una ventina circa) disgiunti verso Emiliano. Ma sul movimento si ripercuoteranno le decisioni prese a livello centrale: è ormai certa l'alleanza con il PD alle comunali di Roma città e, intanto, si mormora con insistenza un assessorato ai pentastellati (stavolta accettato, a differenza del 2015) nella giunta Emiliano.

Tiene ma non sfonda il centrosinistra, che nei 2.088 voti a Michele Emiliano deve conteggiarne ben 277 in più delle liste, di cui oltre la metà da voto disgiunto e il resto da schede votate con il solo candidato presidente. Se si escludono i quasi duecento voti di Rosario Cusmai e qualche altra preferenza pressocché irrilevante, a farla da padrone è il Partito Democratico, rimasto sostanzialmente in solitaria. La sezione di Pozzo Bove nella sostanza tiene ma non osa: il cosiddetto "zoccolo duro" resta in modo risicato nel range storico dei 1200-1400 voti e contribuisce alla elezione, questa volta, di ben tre consiglieri (nel 2015 furono in due), sponsorizzati da buona parte della sezione sannicandrese: Raffaele Piemontese che sfiora le seicento preferenze (575), Paolo Campo che ne perde un centinaio rispetto a cinque anni fa (153 preferenze) e la new entry Teresa Cicolella (124). Sebbene dai più fosse atteso un Piemontese tra i 7-800 voti, l'enfant prodige di Capitanata, secondo più suffragato in assoluto in Puglia (21.701 preferenze), è stato il secondo più suffragato anche a San Nicandro dopo la Fallucchi. Che, come detto, lo ha insidiato in una ristretta fascia di elettorato di centrosinistra.

Sempre nel centrosinistra, resta anonima Patrizia Lusi (23 preferenze), nonostante gli oltre quattro anni di presidenza alla ASP Zaccagnino: un risultato deludente, che l'aveva portata ad annunciare via facebook le dimissioni anticipate; post rimosso dopo alcune ore. L'avvocatessa foggiana voluta da Emiliano alla guida dell'ASP più grande d'Italia non è evidentemente riuscita a legarsi al territorio, nonostante le iniziative messe in campo. A penalizzarla, anche la mancata candidatura nel PD, che le avrebbe consentito di "fare coppia" con i maggiori suffragati e di avere, forse, qualche supporter a di Pozzo Bove.

Tonfo nel vuoto per Franco Scanzano, che nel suo paese natale (vive a Bologna da oltre un decennio) racimola solo 33 voti di preferenza e 51 di lista. Numeri insufficienti, salvo casi particolari, anche a pesare di candidarsi in futuro a consigliere comunale.

La geografia politica di San Nicandro Garganico, dunque, non esce modificata più di tanto dal voto delle regionali. Eccezion fatta per l'elemento Fallucchi che, al di là di tutto, dimostra di poter fare la differenza: se si fosse candidata in una delle liste di centrosinistra, ad esempio, avrebbe ribaltato con molta probabilità il risultato locale a favore di Emiliano. Il resto è storia nota, al di la di quello che potrà accadere in seno al consiglio comunale e all'amministrazione: mutamenti sostanziali a Palazzo Zaccagnino, potrebbero solo condizionare, in bene o in male che sia, la tenuta dell'amministrazione Ciavarella e scongiurare o favorire il voto anticipato.

Una geografia che non sposta graché, perciò, in vista delle amministrative del 2023, dove il centrodestra si proietta oggi come un puzzle di molte componenti al momento tutt'altro che unite, mentre il centrosinistra è sostanzialmente il solo PD. Che non può certo pensare di continuare a giocarsela restando nel suo aventino al grido di "abbiamo tenuto".
Molto dipenderà anche dai Cinque Stelle e dal loro posizionamento futuro nella loro progressiva e ormai inarrestabile metamorfosi da movimento a partito. Ma soprattutto dipenderà dalle candidature a sindaco, che potrebbero spostare pezzi importanti da una parte verso l'altra dei vari schieramenti a seconda se "tireranno" più o meno.

L'elemento novità potrebbe essere, ad esempio, la candidatura di una donna. Opzione tutt'altro che peregrina. Benché, è bene sottolinearlo, San Nicandro abbia bisogno anzitutto di un sindaco competente e dinamico, a prescindere se sia donna o uomo. Il tempo dei nomi di bandiera, che sia politica, di genere, di professione o di apparenza, dovrebbe ormai essere archiviato se si è compreso qualcosa dalla storia degli ultimi trent'anni.

(Foto Nazario Cruciano)

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