Questione di esigenze

    Capita a volte che una parola, una frase o una considerazione, anche se stupida, ti faccia percorrere un labirinto di pensieri.

    Eravamo con Antonio a parlare del più e del meno.

    «Guarda i gatti, a loro basta mangiare e stanno a posto. Non devono neanche preoccuparsi di procurarsi il cibo, sei tu a darglielo» disse con spassionata leggerezza.

    È vero. Ai gatti basta poco. Passano le loro giornate a districarsi il pelo, a mangiare, ma soprattutto a dormire. L’emblema della spensieratezza. Ai miei gatti ho dato un’altra incombenza però: massaggiarmi di tanto in tanto, ma questo è un altro discorso.

    Stessa storia per il resto degli amici a quattro zampe, tant’è che spesso sento pronunciare una frase, perlopiù in momenti di non eccelsa euforia: «A volte vorrei essere anch’io un animale!»

    Dimentichiamo molto facilmente che anche noi siamo animali. Dimenticare non è proprio la parola giusta, più che altro siamo pervasi da un senso di ridicola vanità, tanto da crederci superiori. Padroni del mondo e della natura in tutti i suoi aspetti.

    Lo dimentichiamo a tal punto da invidiarli a volte. 

    È tutta questione di esigenze. 

    Difficilmente consideriamo triste un gatto. Sorge il sole, si procura del cibo, tramonta il sole: è felice.

    Per noi le cose sono diverse. Sorge il sole: preparare la colazione, accompagnare i bambini a scuola, fare la spesa, lavorare, cozzare con il capo, pausa caffè e sigaretta, ho dimenticato di comprare le sigarette, non ho abbastanza soldi per comprarle, fine del turno di lavoro, passo dalla posta, fila, pago la bolletta, faccio benzina, assicurazione e bollo auto, prendo i bambini a scuola, preparo il pranzo, telegiornale, dannati terroristi, chiudete le frontiere, fate i compiti, dovrei comprare la macchina nuova, anche un tablet, torno a lavoro, traffico, cozzare con il capo, pausa caffè e sigaretta, smonto da lavoro, traffico che ti fa perdere i primi minuti della partita, non ci hanno dato un rigore, ci starebbe bene una tivù nuova, vado a letto, non riesco a dormire per via delle auto in corsa. Nel frattempo il sole è tramontato e non ce ne siamo accorti.

    Questa è la giornata tipo dell’essere superiore.

    Lo so che ho un tantino esagerato, sono più di due le pause caffè, ma mi chiedo: ci serve veramente tutto questo per vivere bene?

    Abbiamo la ragione e la religione a metterci un gradino al di sopra dal resto delle specie, ma questo non deve significare complicarsi le cose; la ragione dovrebbe semplificarle.

    Ogni esigenza porta con sé uno o più problemi da risolvere per soddisfarla. Non bisogna essere Pitagora per capire che più saranno le nostre esigenze, più saranno i nostri problemi. Non è di certo un dramma, ma guardiamoci attorno, la maggior parte della gente ne è sopraffatta.
    Il mettersi in gara, fare paragoni tra amici e colleghi di lavoro, per uno smartphone, per un paio di scarpe, è un qualcosa che va al di là delle nostre esigenze primarie.

    Gli animali sono meravigliosamente pigri. A loro è completamente estranea la nostra smania di lavoro (quando c’è) che addirittura sottrae tempo per farsi una cultura. Formiche e api, per quanto pensiamo siano la personificazione della solerzia, trascorrono le loro giornate in un dolce far niente.

    Perennemente insoddisfatti, perché esigenti. La soluzione a tutto è semplicemente esserne consapevoli, come sempre, e darsi delle priorità.

    Questo è il modello di società in cui siamo immersi e, purtroppo, le regole non le abbiamo scritte noi. Ma tranquilli, se anche così fosse, non starebbero bene a qualcun altro. 

    Non voglio essere irrispettoso verso chi ha un masso da portare sulle spalle, e ce l’ha sul serio; nei confronti di chi veramente non arriva a fine mese, chi non ha un lavoro o chi vive nel terrore di prendere la metro. Permettetemi di dirlo, la mia è una presa in giro verso le persone per bene, quelle veramente irrispettose, il cui più grande problema è quello di non averne, tanto da crearsene, indossando un paio di scarpe strette col gusto di slacciarle la sera.

    Visto che abbiamo scomodato Pitagora per niente, circa due migliaia e mezzo di anni fa, quando secondo alcuni gli umani erano ancora trogloditi, diceva: «I mali che divorano gli uomini sono il frutto delle loro scelte, e questi infelici cercano di distogliere lo sguardo dai beni di cui sono la fonte».

    Insegnerei anche questo a scuola, oltre al suo teorema matematico; riuscirebbero a capirlo anche i gatti se non fossero troppo impegnati a oziare.

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