Qualche spunto sulla transazione tra il Comune e i Sant'Elia

Ogni amministrazione comunale di San Nicandro Garganico che la storia ricordi, si è trovata a confrontarsi almeno una volta con la proprietà De Gregorio Cattaneo di Sant’Elia, ovvero un ramo ereditario collaterale dell’antica, prestigiosa e potente famiglia dei Cattaneo della Volta Paleologo, principi di San Nicandro dal 1627 fino alle napoleoniche leggi eversive della feudalità. Nel 1808, infatti, la Commissione Feudale di Capitanata riconobbe alla famiglia soltanto la porzione di territorio del comune che dal mare sale verso il Monte Devio, in località Maletta, fino ai confini con la ex proprietà Forquet (cioè dove inizia il comune di Cagnano Varano), in pratica la stessa oggi proprietà dei De Gregorio.

Al netto delle singole idee – condivisibili o meno - sulle proprietà immobiliari derivanti dai diritti feudali e sulla persistenza odierna dei titoli nobiliari (non riconosciuti ma ammessi nell’uso dalla Costituzione), è dunque da dire che la proprietà è legittima, tanto è vero che tale risulta catastalmente, in quanto le presunte terre usurpate all’Università di San Nicandro (cioè alla collettività dell’epoca) sono state già confiscate nel 1808.

Fatte tali premesse, provo a sintetizzare al massimo, cercando di coniugare completezza d’informazione e fruibilità del lettore, qualche considerazione sulla proposta di transazione sull’annosa controversia giudiziaria che nasce dall’occupazione abusiva, secondo la sentenza del Tribunale di Lucera - Sezione Stralcio n. 358/99, da parte dei De Gregorio, della porzione del tratturo comunale denominato “Pozzo del Principe – Capoiale”, inclusa tra la Torre aragonese di Mileto e l’insenatura naturale della costa della “Cala del Principe”, ovvero il segmento di tratturo oggi incluso in tutta l’estensione Ovest-Est del Camping Cala del Principe. Il “Pozzo del Principe”, per intenderci, è quello quasi all’entrata del Bar Pertosa ed è proprietà del demanio comunale. A tale abbeveratoio era appunto afferente questo antico tratturo – perciò pubblico anch’esso – che si ricongiungeva con l’antica mulattiera che passando per S. Nicola Imbuti scendeva verso Capoiale dalle alture del Gargano settentrionale. Da Maletta, poi, le greggi e gli armenti proseguivano per la strada di Lesina, che qualche millennio fa conduceva a Teanum Apulum e quindi verso il Molise e l’Abruzzo.

Nel 1983, il Comune di San Nicandro aveva promosso un’azione giudiziaria dopo (in verità dopo molti anni) che il De Gregorio Cattaneo aveva occupato il segmento tratturo con il camping. Nel frattempo, il comune di San Nicandro aveva realizzato il parcheggio pavimentato (promosso dall’assessore dell’epoca Raffaele Colucci) davanti all’Hotel Pertosa, azione che valse un ricorso del De Gregorio, effettivamente riconosciuta come occupazione, non essendo intervenuto un esproprio formale, e per cui oggi il De Gregorio chiede indennizzo e risarcimento danni, oltre al ripristino dello stato dei luoghi.

Analoga vicenda accadde nel 1997 (sindaco Marinacci) con la realizzazione della passeggiata del “lungomare Fontanella”, che sfruttò il vecchio tracciato della SP 41: al proprietario De Gregorio Cattaneo non fu comunicato per tempo l’avvio del procedimento di esproprio, per cui lo stesso promosse opposizione al TAR Puglia, che nel 2009 accolse l’eccezione del De Gregorio e annullò l’occupazione d’urgenza del Comune condannandolo a 2.500 € di spese legali. La proprietà promosse nuovo ricorso, al fine di chiedere risarcimento danni e ripristino dello stato dei luoghi: il procedimento è tuttora pendente innanzi al TAR Puglia.

Intorno al 2000, intanto, la proprietà trasferisce tutti i beni ad una società, la Sant’Elia Agroturismo srl, per cui non è più possibile dare esecuzione alla sentenza (cioè la restituzione del tratturo del camping), perché il proprietario di fatto è cambiato.

Nel 2010 il comune conferisce nuovo incarico all’avvocato Lucianetti, perché la causa è perciò tutta da rifare. Il giudizio è tuttora pendente e le parti sono convocate il 13 febbraio 2020 in un udienza presso il Tribunale di Foggia, per trattative di bonario componimento in corso.

E qui veniamo alla proposta di transazione che oggi va in Consiglio comunale, che formalmente sarebbe della Sant’Elia (quindi dei De Gregorio) ma che, a detta del vicesindaco Antonio Zaminga, sarebbe frutto di un’opera di negoziazione informale esperita nei mesi precedenti tra le parti: tento di sintetizzare.

La proprietà cede al Comune il parcheggio pavimentato (particella 382), rinunciando a ogni ulteriore azione legale per la riacquisizione e il risarcimento danni, come da sentenza, per un totale 5.365 metri quadrati. Cede anche tutta la fascia, costituente gran parte della particella 356, della passeggiata, ovvero tutto il prato della zona Fontanella fino alla strada ex SP 41, per un totale di mq 8.069. I De Gregorio si impegnano anche a cedere il relitto della ex SP 41 adiacente alla particella 356, cioè la strada carreggiabile della stessa “passeggiata” del lungomare Fontanella, che nel 1970 i De Gregorio avevano chiesto alla Provincia di Foggia. E ancora, cedono al comune le particelle 8 e 390, ovvero due spezzoni di terreno, per un totale di circa 1.400 mq, che si estendono a nord e a sud del relitto di tratturo pubblico su cui anni fa insisteva il lido balneare “Mamma li Turchi”. Infine, rimane nella disponibilità del comune tutta l’area che circonda la torre aragonese, così come oggi è recintata, per un estensione totale di circa 800 mq.

E’ da sottolineare come il concetto di tratturo dal punto di vista catastale, non coincide con il tracciato carreggiabile oggi visibile ad occhio. Infatti i tratturi e le strade vicinali da un punto di vista catastale sono ricavati da intersezioni o zone di rispetto tra più particelle, per cui possono presentare una larghezza variabile, a volte assai maggiore del tracciato visibile, tanto che, come nel nostro caso, sono identificati da uno o più numeri particellari.

Dall’altra parte, invece, le condizioni prevedono essenzialmente la rinuncia del Comune ad ogni pretesa sul segmento di tratturo che è all’interno del camping, per una porzione di territorio (part. 389) pari a 3.139 mq; in più il Comune rinuncerebbe anche a tutto il resto del tratturo (c.d. di Calarossa) fino al confine con il comune di Cagnano Varano, ovvero alle particelle 29, 36, 45 e 55 del foglio 2, che tutte insieme quotano 48.204 mq (quasi 5 ettari). In cambio la proprietà cede gratuitamente e riconosce in favore del Comune una pista ciclo-pedonale della larghezza massima di 4 mt, a partire dall’intersezione tra la SP 41 e la strada che va alla torre aragonese; la stessa circonderebbe tutto il perimetro del camping fino alla caletta, dove si ricongiunge al tratturo e va fino al confine comunale passando per Calarossa, così come tracciata nella mappa allegata alla proposta e redatta dal tecnico di parte della proprietà, l’architetto Matteo Pignatelli. La lunghezza di tale pista si aggirerebbe dunque intorno ai 4 Km, che per la larghezza (almeno nominale) di massimo 4 metri, arriverebbero a coprire una superficie totale intorno a 1,5 ettari.

Nella doverosa premessa che si debba cercare in ogni modo di risolvere questo estenuante e plurimo contenzioso, è da dire che tale definizione richiederebbe una estrema chiarezza, tale da garantire pienezza d’informazione – e quindi, serenità – agli attori in campo, in modo che avvenga nella massima condivisione e in un clima deliberatamente disteso dalla convinzione personale e politica.

E’ da dire che, a dispetto di quanto precede, le forme con cui si sta costruendo la deliberazione sull’atto amministrativo (cioè la transazione in consiglio comunale) presentano alcune irritualità di procedura sul piano politico e amministrativo. Un atto del genere, prima di arrivare in consiglio, peraltro con soli 20 giorni d’anticipo rispetto all’udienza, avrebbe richiesto una serrata e puntuale analisi da parte della Commissione Urbanistica comunale. Che il nostro Comune, purtroppo, continua a non avere. In alternativa, almeno per caricare la vicenda di valore politico, come è giusto che sia, sarebbe dovuta passare quantomeno in conferenza dei capigruppo, ove il sindaco o suo delegato avrebbero dovuto spiegare i termini di negoziazione adottati nei giorni e nei mesi precedenti. Un passaggio propedeutico, che avrebbe anche evitato perdite di tempo inutili in consiglio, se è vero che le titubanze sono notevoli – a quanto dicono – anche nella stessa maggioranza. Né se ne può fare una colpa a chi legittimamente non è convinto, per motivi che diremo dopo.

Ai capigruppo e, quindi, ai consiglieri – e perché no, alla cittadinanza, perché parliamo di beni del demanio comune – si sarebbe dovuto dare dapprima ampio riscontro, ad esempio, dei pareri (scritti) degli avvocati che difendono l’ente. Allo stesso modo, l’Ufficio Tecnico e l’Ufficio Urbanistica, avrebbero dovuto essere sollecitati dalla giunta ad esprimere un loro parere sulla congruità delle alienazioni proposte. E, infine, l’elemento più importante: manca un piano economico, che quantifichi, cioè – detto in soldoni – quanto si ha da dare e quanto si ha da avere, in termini di quantità ed entità degli immobili di cui si tratta. A poco vale, a questo punto, per quanto utile almeno formalmente, lo scarno parere dei Revisori dei Conti, allegato alla delibera.

Tutto questo perché un amministratore comunale deve votare in consiglio in piena coscienza, sapendo se la collettività ha da guadagnarci, da perderci o se la composizione è equa. Perché se mai dovesse appurarsi, domani, che il comune ha dato più che avere, fosse anche di un centesimo di euro, potrebbe configurarsi il danno erariale, sul quale i votanti pagano poi in solido. Lo affermo dalla mia esperienza di amministratore, lungi da qualsiasi terrorismo psicologico, non solo perché non ne ho l’interesse, essendo da tempo fuori da organizzazioni politiche me anche perché sono certo che i tecnici di parte non hanno nulla contro la collettività in cui vivono e quantomeno hanno cercato di fare il più possibile “i conti pari”. Ma è necessario che di questo siano pienamente coscienti, carte alla mano, sia i consiglieri comunali, sia la cittadinanza tutta.

Volendo tuttavia fare un po’ di conti alla mano con i numeri prima sciorinati, verrebbe una situazione, almeno apparentemente (e sarei felicissimo di essere smentito, quant’è vero che premo per la fine di questo inutile contenzioso) sfavorevole per l’ente comune.

La proprietà De Gregorio andrebbe a cedere al comune una superficie totale, in gran parte già occupata indebitamente dal comune (tra parcheggio, lungomare Fontanella, triangoli adiacenti all’ex Mamma li Turchi e area intorno alla torre) di poco più di 15.600 mq (un ettaro e mezzo), il cui reddito dominicale, e quindi il valore catastale, è pressoché irrilevante. A ciò, si aggiunge il relitto della ex SP 41, che la proprietà dichiara di aver ottenuto dalla Provincia nel 1970, e che ora è disponibile a cedere al comune: al catasto risulta strada pubblica e, semmai dovesse comunque effettuarsi (per motivi che a questo punto ignoro) una voltura della detta strada a favore del comune, le spese sarebbero comunque a carico dell’Ente.

Per quanto riguarda il tratturo, la questione assume contorni che personalmente ritengo curiosi. Il comune cede definitivamente tutto il tratturo pubblico fino al confine con Cagnano, che catastalmente quota 51.343 mq, cioè più di 5 ettari, di cui oltre 3mila metri già occupati dal camping; mentre, in cambio, riceve la possibilità di fare una pista ciclo-pedonale, che per lunghezza e larghezza arriverebbe a quotare circa 1 ettaro e mezzo. Relativamente alla detta pista, ad oggi si ha un progetto di massima, vecchio di alcuni anni e poi riscritto più di recente nei vari tentativi di farlo finanziare; ma non si ha contezza (si intende sempre per iscritto) della sua fattibilità, alla luce dei vincoli presenti in zona oggi e di quelli che potrebbero aggiungersi in futuro (vedi candidatura del tratto a zona SIC). E ancora, se è realistico e non meramente convenzionale il tracciato disegnato sulla mappa allegata alla proposta di transazione, sovrapponendolo all’attuale tracciato visibile a terra del tratturo, per quanto alcuni dicano il contrario, risulta una non coincidenza evidente e ciò vale a dire che la eventuale pista ciclabile verrebbe di molto spostata più a valle rispetto alla mulattiera oggi esistente, ovvero sul limite degli scogli, in altre parole su quella che dovrebbe essere la linea di demarcazione del Demanio Marittimo.

Qui va aperta una breve parentesi, poiché senza un Piano delle Coste (che si attende da molti anni), il Comune di San Nicandro non ha ancora provveduto all’aggiornamento della linea di demarcazione, per come rinverrebbe oggi dall’erosione operata dal mare negli ultimi decenni.

Pertanto, ad un’alienazione certa di consistente porzione di superficie oggi, non è detto che corrisponda, domani, alla possibilità reale per il Comune (salvo gradite smentite, carte alla mano) di fare una pista di attraversamento (di superficie esponenzialmente minore) di una fascia costiera che peraltro conserva un grande valore naturalistico: una sorta di assegno in bianco, diciamo così, dato a beneficio della proprietà di Sant’Elia. Infine, la transazione prevede che la medesima pista debba essere delimitata e recintata per tutta la lunghezza a spese del Comune: sarebbe quantomeno da chiarire se, normativamente parlando, l’obbligo sussista più per il comune o per il privato, ovvero per entrambi, a seconda dell’interesse sotteso alla necessità di delimitazione.

Mancano, infine, due aspetti politicamente rilevanti ai fini dello sviluppo territoriale e del decoro della stazione balneare di Torre Mileto, che a mio avviso andavano impegnati nella transazione poiché insistono proprio sui terreni oggetto di discussione. Il primo: un impegno positivo da parte dei Marchesi di Sant’Elia di collaborare con il Comune e tutte le istituzioni, a valle di apposita convenzione che eviti lo stravolgimento dello stato dei luoghi e la continuità dell’attività ricettiva-imprenditoriale, nel momento in cui si aprissero le possibilità di indagare archeologicamente il sottosuolo delle particelle 627, 628 e 640, dove insiste uno dei più grandi e interessanti insediamenti fortificati costieri di età neolitica nel panorama Mediterraneo; sito purtroppo già violentato, sicuramente perché le evidenze archeologiche si sono manifestate solo di recente. Secondo: un impegno alla risoluzione definitiva del parcheggio selvaggio dei camper sul litorale, che arreca pregiudizio al decoro del luogo e danno alle attività ricettive ivi insistenti (meglio una sosta libera di un posto a pagamento nei camping, no?!)

Non voglio addentrarmi sulle eccezioni mosse pubblicamente da personalità politiche, poiché contengono molte imprecisioni ed essenzialmente sembrano avere più il fine di porre la questione politica, credo spesso in modo superficiale, come ad esempio nella lettura delle parti interessate o meno da eventuale alienazione. Ritengo sufficientemente spiegate invece le mie personali motivazioni, messe benevolmente a disposizione della collettività, che sono quelle di un ex amministratore oggi totalmente scevro da legacci di carattere meramente politico.

L’udienza del 13 febbraio attiene ad un eventuale ricomponimento bonario ed è verosimile che il giudice possa accogliere una richiesta di proroga. Nel frattempo, si potranno creare da parte dell’Amministrazione comunale le occasioni di risoluzione dei dubbi, compresi quelli dello scrivente, che non sono certo immuni da imprecisioni. E i marchesi di Sant’Elia, spero, saranno comprensivi nell’accogliere comunque un momento positivo di discussione del problema, aggiungendo la pazienza di tollerare un ulteriore ritardo, dovuto anche all’imperizia - credo giustificabile - di un’amministrazione comunale insediatasi da troppo poco.

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